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L'assemblea boccia Orfeo
per l'arrivo di De Core

7 giugno
2003 / anno XI
numero 21

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CONTINUA AD ACCUMULARE primati il direttore del Mattino Mario Orfeo, sta però cambiando il segno dei record. All'arrivo a via Chiatamone l'otto luglio dell'anno scorso è stato, a trentasei anni e tre mesi, il più giovane direttore del primo quotidiano del Mezzogiorno per autorevolezza e diffusione. E anche il gradimento incassato, se non da primato, è stato largamente soddisfacente. Ma nel giro di dieci mesi il forte vento a favore si è trasformato in un forte vento contrario. Il 22 maggio l'assemblea dei redattori, su proposta di Marco Esposito del cdr (gli altri membri sono Enzo Ciaccio e

Pietro Treccagnoli), ha deciso di votare a scrutinio segreto la fiducia al direttore. Il risultato non lascia spazio alle interpretazioni: 95 votanti su 120 aventi diritto (il 79 per cento) con 72

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Enzo Ciaccio, Marco Esposito e Pietro Treccagnoli

contrari (il 76 per cento), 15 favorevoli (il 16 per cento), tre nulle e cinque bianche. Un ceffone sonoro che non ha immediate conseguenze pratiche, ma dà un segnale forte al direttore e all'azienda. Un ceffone giunto inatteso se Orfeo per qualche giorno è scomparso e il suo braccio destro, Antonello Velardi, responsabile dell'ufficio dei redattori capo, il giorno del voto passava le pagine a velocità nettamente superiore ai suoi tempi abituali.
L'assemblea era stata convocata dopo che Orfeo il 20 maggio aveva annunciato al comitato di redazione l'assunzione di Francesco De Core, con la qualifica di capo servizio e l'assegnazione all'ufficio dei redattori capo. Nello scorso novembre gli arrivi di Velardi e Mariano Ragusa (nominato responsabile delle pagine salernitane); a giugno l'assunzione di un altro graduato per la fascia alta del giornale, con l'intera redazione bloccata da mesi in attesa del piano editoriale e dell'organigramma: c'era materia sufficiente per accendere anche gli animi più tranquilli. Nel mirino più che De Core, che ha incassato dai colleghi di via Chiatamone anche qualche attestato di stima, c'erano il direttore e il suo braccio destro Velardi.
Prima di procedere con l'assemblea, è necessaria però una digressione su De Core. Casertano, trentotto anni da compiere l'undici giugno (Orfeo formalizza le proposte di assunzione sempre in prossimità dei compleanni: vedi Velardi e Ragusa), "maturità

Francesco Romanetti e Lino Zaccaria
classica al liceo Giannone e tre quarti di laurea in Scienze politiche alla Federico II", De Core ha iniziato collaborando al Giornale di Napoli, al Corriere dello sport, a Canale 10 e, tra il 1989 e il '90, alla redazione casertana del Mattino. Nel '90 passa al Roma di
Casillo, Colasanto e Maiello: prima è abusivo allo sport con Ottorino Gurgo direttore ("uno dei miei maestri"), poi con Domenico Mennitti praticante agli esteri e agli interni, infine all'ufficio centrale con Antonio Sasso; nel '94 all'Infomazione è vice caposervizio al politico guidato da Gurgo, mentre dal '95 al '97 fa diverse sostituzione al Gr1 fino al giugno '97 quando viene assunto da Demarco e Velardi al Corriere del Mezzogiorno, che ora lascia da vice capo servizio responsabile del Primo piano (le pagine due, tre e quattro). In tandem con Gurgo, De Core ha scritto due libri dedicati a Ignazio Silone: nel '98 una biografia, 'L'avventura di un uomo libero', edito da Marsilio; quest'anno 'Silone, un alfabeto', pubblicato dall'Ancora del Mediterraneo. Al Mattino sbarcherà a fine giugno dopo aver chiuso l'accordo con il Cormezz per il preavviso e speso le ferie arretrate a Roma dove vivono la moglie Ornella e il figlio Antonio di tre anni e mezzo.
Ma torniamo a via Chiatamone. Alta la partecipazione al voto di fiducia, alta la partecipazione all'assemblea, con numerosi iscritti a parlare. Tra gli altri, Giampaolo Longo, Matteo Cosenza, il capo della redazione romana Enzo Iacopino, Gianni Ambrosino, Maurizio Cerino, Francesco Romanetti, Gigi Di Fiore, Enzo Ciaccio, Nando Balestra da Avellino, Lino Zaccaria. Tutti compatti contro il direttore. Due i punti all'ordine del giorno: l'avvio, senza un accordo preventivo, di sinergie con il Messaggero partite a sorpresa con la guerra in Iraq; l'assunzione di un giornalista in assenza di un piano editoriale. La questione De Core ha però calamitato la gran parte degli interventi.
Per il piano editoriale (secondo il contratto di lavoro è "il primo atto" del direttore "dal suo insediamento") Iacopino ha affibbiato al suo capo un nuovo record."A mia memoria, - ha detto in assemblea - il primato per il ritardo lo deteneva Paolo Liguori che, nominato
direttore del Giorno, impiegò sessanta giorni per presentare il piano", mentre Orfeo si avvia ormai a completare il suo primo anno di direzione.
"In decenni di vita al Mattino - osserva uno dei senatori del giornale - non ho mai visto un'assemblea così schierata e un voto

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Gimmo Cuomo e Giampaolo Longo

così massiccio contro il direttore, che è riuscito a compattare giornalisti schierati di solito su barricate contrapposte come il responsabile degli esteri Romanetti e il redattore capo Zaccaria". Per mobilitare una redazione con storie professionali e idee politiche molto diverse ci devono essere state motivazioni forti.
E allora ascoltiamo le voci di via Chiatamone, anche in questo caso tutte anonime, nel solco di una tradizione che sconsiglia di prendere posizione a viso aperto.
"Se nell'arco di quasi un anno - spiega un ex componente del cdr - Orfeo si limita a fare tre assunzioni di fascia alta, esprime un giudizio del tutto negativo sugli oltre centoventi redattori del giornale e questo è un giudizio ingiusto e sbagliato. Dobbiamo però distinguere l'operazione Velardi-Ragusa dall'assunzione di De Core. La prima è studiata bene: arriva con la luna di miele tra redazione e direttore non ancora terminata e nasce dal vuoto lasciato dal redattore capo centrale Marco Guidi rientrato al Messaggero. Perdi un'unità, ne prendi due, per di più dimezzando il vertice di un giornale concorrente: alla redazione può anche andare bene. L'unica collega davvero penalizzata è Carla Errico, che, dopo anni da vice, legittimamente aspirava a diventare il capo della redazione di Salerno, ma pazienza. Meno ragionata, anzi addirittura rozza l'operazione De Core: vuoi inserire un elemento giovane per ridare slancio all'ufficio dei redattori capo e dopo undici mesi non trovi al Mattino un solo nome spendibile? Ma qui Orfeo sconta anche la sua inesperienza; Gambescia avrebbe impapocchiato la redazione, coinvolto il cdr, distribuito qualche zuccherino e incassato senza traumi l'assunzione".
Tra scontenti e scontentissimi, difficile trovare a via Chiatamone giornalisti disposti a spendere parole a favore del direttore, ma

Pasquale Nonno e Sergio Zavoli
qualcuno c'è. "Dieci anni fa - ricorda uno degli anziani del giornale - gli editori assunsero con un contratto faraonico Sergio Zavoli per marcare una rottura con la lunga e discussa direzione di Pasquale Nonno. Zavoli preparò un pacchetto di assunzioni per coprire i ruoli strategici, i suoi più stretti
collaboratori parlavano di 'derattizzare' il Mattino; poi le assunzioni non si fecero, la 'derattizzazione' non fu neanche avviata e dopo un anno Zavoli andò via. Ora Orfeo è stato spedito a Napoli con un mandato preciso: rinnovare radicalmente e rilanciare un quotidiano appannato. Per cercare di raggiungere questo obiettivo ha davanti una sola strada: mettere in posizioni di comando giovani capaci e fidati. Ed è quello che sta facendo, incontrando notevoli resistenze e qualche imprevisto sfavorevole. È noto, ad esempio, che per l'ufficio dei redattori capo Orfeo puntava su Francesco Rasulo, ma le condizioni di salute del giornalista di Repubblica lo hanno costretto a ripiegare su De Core. Si è ritrovato così con tre arrivi su tre con la targa Corriere del Mezzogiorno". E nel corso dell'assemblea il Cormezz è stato tirato in ballo sin dal primo intervento, quello del vice capo cronista Giampaolo Longo, di solito spettatore silenzioso, questa volta critico duro delle scelte del direttore. "Gira un gossip - ha detto - e ve lo giro per quello che vale: il prossimo assunto al Mattino sarà Gimmo Cuomo (redattore del Cormezz e amico di Velardi, ndr)" .
Nel corso dell'assemblea è stato anche più volte evocato Antonello Velardi, da molti considerato il vero obiettivo della protesta per almeno due motivi: Ragusa e De Core sono, con tutta evidenza, boys di Velardi e non di Orfeo; la gestione spesso ruvida del suo ruolo che lo ha portato a litigare a ripetizione con molti redattori (Generoso Picone, Antonino Pane, Paola Di Pace, Marco Pellegrini, Francesco Romanetti, tanto per fare qualche nome). Di recente è stato particolarmente aspro il confronto con il responsabile degli esteri: in assenza di Orfeo, Velardi ha tolto dalla pagina un commento di Romanetti e questi gli ha ricordato che al Mattino una censura simile aveva un solo precedente, quando Nonno
non pubblicò un articolo di Antonio Galdo su Gava. L'occasione per scintille è di solito offerta dal rito serale dei responsabili di settore in fila davanti alla scrivania del redattore capo centrale per ottenere il via libera per le pagine, con Velardi che non risparmia partacchioni feroci, inflitti

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Antonio Galdo e Antonio Gava

ad alta voce e corampopulo a tutti, colleghi anziani compresi. Ma è anche il Velardi tessitore di manovre e assunzioni che non piace.
E tra le voci in attesa di conferma che girano a via Chiatamone e nelle redazioni distaccate c'è quella di interventi sui collaboratori contrattualizzati, con tagli e nuovi innesti. Da Caserta arriva la notizia di un carteggio tra il Mattino e Alessio Gallicola, dal 1989 collaboratore del Mattino per lo sport (in particolare il basket), contrattualizzato nel '95 con un articolo 2. Ad aprile Gallicola ha ricevuto una prima lettera firmata dal capo del personale dell'Edime Raffaele Del Noce che chiedeva spiegazioni circa il suo lavoro di capo ufficio stampa del comune di Caserta e portavoce del sindaco Luigi Falco. Dopo i chiarimenti del collaboratore è arrivata una seconda lettera, questa volta firmata da Orfeo e Del Noce, con la quale gli si chiedeva di scegliere tra il comune e il Mattino perchè le due attività erano ritenute incompatibili.
Gallicola è capo ufficio stampa dal dicembre '97; al Mattino hanno impiegato cinque anni e mezzo per accorgersi della presunta incompatibilità? "Non so cosa dire - è la risposta di Gallicola - sono letteralmente sconcertato. Vivo accanto alla politica e so che quando arriva una nuova dirigenza c'è un ricambio di uomini. Ma in tredici anni credo di avere dato molto al Mattino e non mi aspettavo un comportamento simile". In attesa di vedere come si evolverà la vicenda, torniamo al rapporto tra Orfeo e Velardi.
"Mi pare che stia emergendo - osserva il 'senatore' - una sorta di subalternità di Mario nei confronti di Antonello, il prefetto Seiano che comincia a sovrastare l'imperatore Tiberio, con la costruzione di

Luigi Falco e Generoso Picone
una squadra di fedelissimi che sono fedelissimi del braccio destro e che non risolvono i problemi che ha oggi il giornale. Intendiamoci Velardi è un grandissimo lavoratore e uno scrupoloso uomo macchina, ma il direttore ha bisogno di qualcuno che lo aiuti ad armonizzare il
giornale, a pensarlo e a ripensarlo. Serve inventiva e creatività e si ritrova con un capo della vigilanza e un correttore di bozze. Con il suo lavoro certosino evita svarioni, ma punta sull'eliminazione e sul controllo, non sulla costruzione e sulle idee; rifà una pagina perché ci sono errori o per tagliare articoli di oscura origine, non perché in taglio basso a due colonne c'è una notizia che merita l'apertura".
C'è invece chi punta l'attenzione sul fatto che il direttore in undici mesi non ha stabilito un feeling con la redazione, non riesce a coglierne gli umori. "Ho l'impressione - osserva uno dei responsabili di settore - che Orfeo non abbia letto nella maniera giusta neanche il voto di sfiducia. Si muove seguendo una logica pomiciniana e ragiona ancora su grandi elettori. Il Mattino invece è molto cambiato, non ci sono più, come dieci o venti anni fa, i capi bastone. Il direttore invece ha una singolare sopravvalutazione del ruolo di Ambrosino, che rappresenta poco più di se stesso. L'unico che può orientare cinque o sei voti è il capocronista Claudio Scamardella, qualche altro ne controlla due o tre, per il resto ognuno si muove in maniera autonoma. E se questa analisi è corretta, la sfiducia non organizzata, ma scaturita da valutazioni individuali è ancora più pesante".
Che succederà ora? Orfeo ha davanti tre strade. Decide di rinviare piano editoriale e organigramma a settembre, tanto la redazione è in qualche modo appagata dallo 'schiaffone' e ormai pensa alle vacanze. Questa soluzione ha dentro l'incognita di una reazione dei giornalisti che potrebbe coinvolgere anche il cdr ritenuto troppo acquiescente con la direzione (e con l'azienda). La seconda strada porta ad affrontare il toro per le corna e a presentare in tempi brevi piano e organigramma, da studiare con cura per evitare che lo scontento di molti travolga la soddisfazione dei pochi premiati. La terza ipotesi prevede la presentazione del piano prima delle vacanze e il rinvio del più spinoso organigramma all'autunno. È una soluzione che non risolve, per questo forse la più probabile.

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